30 ottobre 2010
Parte il Progetto Orto
Con la collaborazione di Roberto, stiamo iniziando la conversione di un vecchio orto in disuso da 30 anni in biodinamico.
Questa foto fa vedere da dove siamo partiti, era stata scattata il 31 agosto, la terra è stata pulita da un trattore circa un mese prima, quindi è secca e invasa da erbe infestanti, ortica, cicuta, un tipo di galium, graminacee, ecc.
Abbiamo scelto una zona di circa 30 mq e abbiamo zappato a 20/30 cm per rompere la terra, che con il tempo si è compattata. Abbiamo intenzione di piantare un bel sovescio misto per arricchire la terra di azoto e creare uno strato humico che possa ospitare il nostro orto.
"La nostra terra è la nostra Madre, e costruire un buon humus aiuta a crescere piante sane", Carlo Noro
Il nostro sovescio viene piantato ad ottobre, in modo che le piogge possano farlo crescere bene. E' un miscuglio di favino 30%, veccia 10%, trifoglio 10%, avena 30%, facelia 15% e senape 5%.
Lanciamo i semi e li ricopriamo leggermente di terra. Poi diamo il cornoletame 500, opportunamente dinamizzato, in modo che dia la spinta ai nostri semi per addentrarsi bene. Il 500 è il primo preparato essenziale nella biodinamica.
In questa foto abbiamo appena piantato il sovescio.
Ci rivediamo a febbraio.
04 settembre 2010
Sciroppo di Prungoncini
Ieri siamo andati per fichi, ma uno dei rami dell'albero di prugne s'era spezzato dal peso. Non ho potuto fare a meno di raccogliere circa 5 kg di prugnette per rifare solo lo sciroppo.
Ho lavato e disossato circa 4,5/5 kg di prungoncini
L'ho messi sul fuoco e schiacciati man mano con uno schiacciapatate.
Si spenge quindi il fuoco e quando s'è un pochino raffreddato si passa al passaverdure. Quindi si pesa e si rimette sul fuoco lento con lo zucchero.
A 4,5 kg di succo ho aggiunto 1,225 kg di zucchero.
Poi si lascia andare un pochino per far sciogliere bene lo zucchero e far perdere un pochino di acqua. Quindi preparare le bottiglie sterilizzate ed imbottigliare.
25 agosto 2010
Dolcificanti traditori
Siamo in pieno agosto, dopo mesi di dieta per raggiungere la linea giusta da esibire in bikini, si parte per le vacanze.
Nelle localita’ marine o montane, italiane o straniere, ci lasciamo tutti andare alla delizia di piatti nuovi ed accattivanti, frutti di mare, specialita’ esotiche, prelibatezze stravaganti che siano, siamo poi pedinati da qualche senso di colpa in piu’.
E allora cerchiamo di rimediare, pensando di alleggerirci la vita, sostituendo allo zucchero dei dolcificanti meno calorici, che all’apparenza dicono di farci dimagrire.
Simili alla margarina, queste sostanze, sono create in laboratorio ed immesse sul mercato da multinazionali interessate a vendere a tutti i costi oscurando ai consumatori i pericoli nascosti dal consumo continuo di tali sostanze.
La prima e piu’ pericolosa e’ l’ASPARTAME, ingrediente principale dei dolcificanti dietetici, nelle caramelle e gomme senza zucchero, nelle bevande senza zucchero, e nelle vitamine e integratori farmaceutici.
Da tempo considerata pericolosa, a causa delle convulsioni e dei tumori al cervello che provoca negli animali da laboratorio, venne approvata dalla FDA (Food and Drug Administration), grazie alle pressioni della Monsanto durante la presidenza di Reagan.
L’Aspartame causa danni lenti e silenziosi in tutte quelle persone che non sono cosi’ sfortunate da non avere reazioni immediate e che quindi non hanno un motivo per evitarli.
Il motivo della sua grande tossicita’ e’ il metanolo (alcool metilico) che contiene almeno al 10% e che, superando la temperatura di 30°C (cosa che accade nel nostro corpo), si trasforma in acido formico ed in formaldeide, una neurotossina mortale, un agente cancerogeno ben conosciuto che causa dei danni alla retina, interferisce con la riproduzione del DNA e causa difetti di nascita.
I composti dell’Aspartame infatti vanno dritti al cervello, causando forti emicranie, confusione mentale, convulsioni e problemi di equilibrio, ma anche difficolta’ respiratorie, bruciore agli occhi, tosse cronica, affaticamento cronico, depressione, diarrea, capogiri, orticaria, irritabilita’, perdita della memoria, tachicardia, aumento del peso, ecc..
Insomma sembrano abbastanza controindicazione da terrorizzare chiunque!
Il secondo prodotto dolcificante a cui fare molta attenzione e’ il FRUTTOSIO, non quello che assumiamo naturalmente mangiando la frutta, ma quello sintetizzato chimicamente dal mais. E’ infati emerso recentemente, dalle ricerche di scienziati nell’Universita’ della California, che il Fruttosio derivante dal mais (HFCS- High Fructose Corn Syrup) contribuisce alla crescita di cellule cancerogene del pancreas. Queste infati inglobavano il fruttosio, lo metabolizzavano e lo sfrutavano per moltiplicarsi.
Il tumore del pancreas e’ uno dei cancri piu’ pericolosi per l’uomo ma, nonostante l’esperimento fosse limitato alle cellule del cancro del pancreas, non si poteva pensare che i risultati non potessero essere estesi anche ad altri tipi di cancro.
Tra il 1970 e il 1990 negli Stati Uniti infatti il consumo di Fruttosio e’ incrementato del 1000 percento. Data la sua grande dolcezza e basso costo rispetto ad altri dolcificanti viene usato sempre di piu’ dalle societa’ alimentari, in prodotti come pane, salse o bevande.
Vale la pena chiedersi se non sia meglio l’odiato zucchero semplice, anche se dannoso non tanto quanto questi due! Ma se vogliamo proprio essere sani, riprendiamo a dolcificare col miele, che inoltre e’ un grande nutriente.
23 giugno 2010
Appello del ONU: stop al consumo di carne e derivati per salvare il mondo dalla fame.
E’ passato solo qualche giorno da quando le Nazioni Unite hanno lanciato un allarme.
Infatti nel rapporto del Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP United Nations Environment Programme) è emerso che mentre la popolazione cresce, e si stima che arriverà a 9,1 miliardi di persone per il 2050, il fabbisogno alimentare del pianeta e in particolare le diete occidentali, ricche di carne e derivati, sono completamente insostenibili. Nel rapporto viene dichiarato come un movimento globale verso una dieta “vegan” sia necessario per salvare il mondo dalla fame, dalla scarsità di carburanti e dall’aggravamento dell’impatto sul cambiamento climatico.
Perché, a differenza dei carburanti fossili, per cui si è trovata e si continua a ricercare alternative, per l’uomo il discorso è univoco, le persone DEVONO mangiare.
Il Professore Edgar Hertwich, promotore della commissione sostiene: “I prodotti animali causano più danni della produzione di materiali edili come sabbia o cemento, plastica o metalli. Le biomasse e i foraggi fanno danni tali al bruciare combustibile”.
Ernst von Weizsaecker, scienziato ambientale che ha cooperato alla commissione afferma: “La recente crescita porta ad un maggiore consumo di carne e derivati, gli allevamenti consumano ora gran parte delle colture del mondo, nonché di acqua fresca , fertilizzanti e pesticidi”.
La commissione si è anche trovata d’accordo sul citare le seguenti pressioni sull’ambiente come priorità per i governi del mondo: cambiamento climatico e dell’habitat, spreco di azoto e fosforo nei fertilizzanti, sfruttamento eccessivo dei mari, delle foreste e di altre risorse, problema dell’acqua non potabile, sanità, esposizione a metalli pesanti quali il piombo, inquinamento dell’aria urbana ed esposizione alle polveri sottili (PM Particulate matter).
L’allevamento, e di conseguenza l’agricoltura per esso, usa il 70% delle risorse di acqua del mondo, il 38% della terra ed è responsabile del 19% delle emissioni di gas serra.
Questi ultimi dati dovrebbero lasciarci riflettere mol, e se ognuno facesse un piccolo sforzo a tagliare i propri consumi di carne e derivati potremmo contribuire molto.
fonti: http://www.guardian.co.uk/environment/2010/jun/02/un-report-meat-free-diet
20 giugno 2010
Abbiamo davvero bisogno di tanto tonno?
Nonostante il 2010 sia stato eletto come anno della biodiversità, a marzo in occasione della 15° Conferenza delle Parti della Convenzione internazionale sul Commercio internazionale di specie a rischio (CITES COP 15) dei 129 delegati governativi votanti a Doha, 72 hanno votato contro la proposta di bando commerciale, a livello internazionale, del tonno detto “pinna blu”, a rischio di estinzione., 43 a favore e 14 si sono astenuti.
Tutto sommato l’Italia ha comunque bloccato da quest’anno la pesca con reti di circuizione dei tonni nei mari italiani, garantendo dei sussidi che convincessero le grandi barche a stare in porto, circa 5milioni di euro oltre alla cassa integrazione dovrebbero andare ai 49 pescherecci italiani, molti dei quali verranno demoliti.
Permettendo solo ai piccoli pescatori detti artigianali, che cacciano i tonni con i palangari, un sistema di cavi e lenze armate ad ami, di uscire in mare dato che hanno quote di pesca ben inferiori ai pescherecci formato industriale (433 tonnellate contro 3.555 nel 2007).
Il tutto, nel nome della salvaguardia del pesce. In verità, la questione dell’estinzione è dibattuta. A sentire i pescatori, è una balla. «Non è vero che non c’è più tonno nel Mediterraneo. Si è ripopolato, in questi ultimi anni. Le quote sono stabilite utilizzando il principio precauzionale, quanti sono davvero non lo sa nessuno». Gli ambientalisti la pensano diversamente. E anzi, puntano l’indice contro la pesca illegale, contro gli sforamenti delle quote, contro la pratica della «stabulazione», gabbie che consentono d’ingrassare il pesce catturato e di rivenderlo con l’inghippo della post-produzione, che consente di raggirare le regole internazionali.
Può darsi che alcuni perdano il lavoro, altri i soldi, ma tutti potremmo perdere un bene comune che fa parte dei nostri mari, solo per pura ignoranza ed esigenza di mercato. Infatti entro il 2012, se non si correrà ai ripari, questa specie (come anche altre) potrebbe scomparire dai nostri mari, considerato che a seconda delle stime e' stato già perso tra l'80 e il 95% dello stock.
Dopo queste informazioni viene da chiedersi cosa ne facciamo di tutto questo tonno? Dal Mediterraneo la prima scelta va dritto al Giappone, il resto nei ristornati in giro per l’Italia, ma gli scarti e la gran parte del tonno pescato nei mari ed oceani va a finire in scatola, uccidendo altre specie protette come balene, tartarughe, mante, squali bianchi, e un sacco di altre specie che, riproducendosi in maniera estremamente lenta, non sono in grado di reggere questa pressione di pesca.
Rimane da chiedersi se davvero abbiamo bisogno di tutto questo tonno nella nostra vita?
Varrebbe la pena rinunciare a comprare il tonno in scatola per un paio d’anni per godere invece una o due volte l’anno di un bella tagliata di tonno scottato?
Il consumo di tonno in generale non fa bene quanto si pensa alla salute, tra i pesci non è il più ricco di omega-3, uno degli acidi grassi così essenziali al nostro organismo. Il salmone, lo sgombro, l’arringa, le acciughe e le sardine sono più ricche di omega-3, e tralasciando il salmone forse unico ad essere ancora troppo commercializzato, i rimanenti sono più sostenibili ai danni del mare.
Oltre a questo c’è il rischio che mangiando troppa carne di pesce si accumulino metalli pesanti nel nostro corpo, quali mercurio, nickel, cadmio e arsenico, oltre anche a vari agenti contaminanti come il furano, diossine, PCB e altre sostanze cancerogene.
Ma è indispensabile sapere che l’omega-3 non si trova solo nei pesci, anche nelle carni di animali allevati all’aperto che mangiano erba, nel loro latte e nelle loro uova, infatti un pezzo di formaggio di derivazione biologica della grandezza di una scatoletta di fiammiferi ci da l’88% del fabbisogno quotidiano di omega-3. Inoltre si trova nei semi in generale, nelle noci, nelle nocciole, e in particolare nei semi di lino, il cui olio è il più ricco e benefico per il nostro corpo.
Allora cos’è che ci fa consumare tanto tonno?
Sarà la cultura, l’abitudine, la praticità? Come per ogni problema, la soluzione è più semplice di quanto possiamo immaginare. Di varietà il nostro mondo è pieno e noi non dobbiamo fare altro che rendere varia la nostra dieta. Non mangiare sempre le stesse cose e soprattutto mangiare meno carne e meno pesce.
Nel libro “In difesa del cibo” Michael Pollan inizia con queste parole:
Mangiare cibo. Non troppo. Soprattutto piante.
Eat food. Not too much. Mostly plants.
Da oggi si cambia vita!
Ovviamente non è successo tutto oggi, sono anzi 2 anni buoni che dentro di me maturava qualcosa.
E' emersa la necessità di cambiare me stessa per fare qualcosa per salvare il mondo dal declino, ovviamnete fare quel che posso!
Ho smesso di lavorare nei ristoranti proprio per questo motivo, carne e pesce, primo secondo contorno e dolce, quello che avanza lo butti nella spazzatura e infine?
Mangiamo troppo - caghiamo troppo e non pensiamo alle conseguenze delle nostre scelte.
Da quando ho fatto la famosa dieta di riso integrale, ho cambiato molto nella mia dieta. Adesso ricca di cereali integrali, verdure e lugumi, poco latte e qualche uova, un pò di formaggio ogni tanto e poi, magari una o -tiè!- due volte al mese, un pò di pollo dall'azienda bio più vicina e del pesce: uno sgombro, qualche sarda o un tancio di palamita!
Certo nn ho perso kg perchè conservo il mio stile dal gomito alto, ma sto bene, i valori delle analisi sono buoni, e se necessito di qualcosa cerco di assumerlo con metodi alternativi , come per l'omega 3.
Del resto cosa ci fa tutto questo cibo che ingeriamo? Non di certo vivere troppo a lungo?!
E allora come conforme alla mia natura modificata, inizio a modificare anche il blog, visto le tematiche importantissime sull'ecologia, ecosostenibilità e nutrimento vediamo di farne un bel pasticcio, così come esperimento!
06 maggio 2010
cosa non dicono i media sull'esplosione della piattaforma petrolifera in Luisiana
Da tempo mi sento poco motivata a scrivere monotemticamente su questo blog, ho quindi deciso di trasmettere anche altri messaggi, anche se non credo di avere alcun seguace lettore. Le tematiche che più mi stanno a cuore verranno quindi incluse in questo diario, visto che penso che il nostro cibo sia il nostro mondo e viceversa.
Allego quindi un estratto del sito
http://www.greenpeace.orgSei domande e risposte sulla marea nera
Decenni di maree nere non ci hanno insegnato niente. Dopo tante promesse di "rivoluzione verde" e Green Economy, agli inizi di aprile 2010, Barak Obama ha ridato il via alle esplorazioni petrolifere offshore negli USA, dopo una lunga moratoria.
Un pedaggio pagato alle lobby petrolifere per far passare un "Climate Bill"(la legislazione per la riduzione delle emissioni di gas serra) che riduce le emissioni degli USA solo del 4% rispetto al 1990 (anno di riferimento del Protocollo di Kyoto). Obama è stato subito ripagato da BP, proprietaria della Deepwater Horizon, con una marea nera che lascerà il segno.
Le nostre sei domande, con le loro risposte, ci fanno capire perché questo era un disastro annunciato: